Ecco un magnifico primo piano della decorazione a fresco del grande salone d'ingresso di Villa Borghese a Roma. Un modo per un attimo per capire come una visita alla Galleria Borghese, nota soprattutto per le sculture del Bernini come questa, sia un ottimo viatico per ammirare anche l'edificio e le sue decorazioni interne. Da vostra guida turistica locale già ebbi modo di parlarne, come nel caso dell'affresco della sala in cui è esposto il David del Bernini. Ma qui abbiamo qualcosa di davvero eccezionale e tutto da gustare. 

Dobbiamo questo gioiello policromo al pittore Mariano Rossi, che negli anni '70 del Settecento rinnovò completamente il salone, a più di 100 anni di distanza dalla costruzione dell'edificio. Il complesso e ricco apparato decorativo si genera dalla volontà di Marco Antonio IV Borghese, che volle reinverdire i fasti della famiglia che ebbe, tra i suoi illustri membri, anche pontefici e cardinali. Fu lui, dunque, ad ammodernare e modificare molto, sia nella villa che nel grande parco che ancora oggi si sviluppa attorno ad essa. Tutto il soffitto è volto a sottolineare la gloria di Roma antica e di alcuni suoi eroi. Uomini che sottolineano, con l'egida ed il beneplacito delle divinità, quelle virtù che resero grande l'Urbe. Un modo per indicare come la famiglia Borghese, dopotutto, stesse seguendo lo stesso percorso lastricato di gloria e onore. E la scena principale rimarca questi concetti, poiché si tratta di un "Romolo accolto da Giove per propiziare la vittoria di Furio Camillo contro i Galli", come sottolinea il titolo ufficiale. Un titolo lungo che necessita di una breve spiegazione. Vediamo Giove al centro portato da nubi, circondato di pura luce, farsi incontro a Romolo, che sta alla sua sinistra. Il primo Re, e fondatore, di Roma, cerca intercessione (come un santo) presso il Padre degli Dei. Motivo? Circa quattro secoli dopo la sua presunta morte, quando Roma è già una Repubblica, i temerari Galli penetrarono per la prima volta entro i confini dell’Urbe, venendo a contatto con i Romani. Fu un vero scontro. Non solo, ma agli inizi del IV secolo a.C. i Galli, guidati da Brenno, riuscirono a entrare a Roma, saccheggiando l'Urbe per la prima volta nella sua già secolare storia. Si narra di come i Romani fossero talmente spaventati da questi grandi e biondi uomini, feroci e senza paura, che meditarono di abbandonare addirittura la città. Si deve immaginare come le tribù galliche fossero davvero un qualcosa di mai visto, una novità che ai Romani, tra l’altro sconfitti militarmente nella battaglia precedente il saccheggio della Città Eterna, non riuscirono proprio a digerire. In questo articolo, completo, potrete leggere più nel dettaglio l'episodio che, a tutti gli effetti, viene ricordato come il primo saccheggio subito da Roma. Fu però Furio Camillo, grande eroe e generale esiliato in precedenza dai Romani per essere sospettato di volere prendere il potere diventando Re, a sbaragliare i Galli (che già avevano razziato l’Urbe), prendendone anche il magnifico tesoro portato via dalla Città Eterna. Il coraggio di Furio Camillo, uomo ormai in età avanzata che convinse i Romani e non lasciare Roma e che li guidà alla vittoria, venne grandemente celebrato nel mondo antico. Leggiamo ciò che ci dice Tito Livio, ad esempio: "Dopo aver quindi suonato la carica, scese da cavallo e prendendo per mano l’alfiere più vicino lo trascinò con sé verso il nemico gridando: «Avanti l’insegna, o soldato!». Quando gli uomini videro Camillo in persona, ormai inabile alle fatiche per l’età avanzata, procedere verso il nemico levarono l’urlo di guerra e si buttarono all’assalto tutti insieme, ciascuno gridando per proprio conto «Seguite il generale!». Si racconta anche che Camillo ordinò di lanciare un’insegna tra le linee nemiche, e che gli antesignani furono incitati a riprenderla."

Furio Camillo divenne dunque un eroe che torna nella sua madrepatria, nonostante l'esilio, portando rinnovato ardore e coraggio nei cuori spaventati dei cittadini romani. Piccolo riassunto per comprendere come Roma ed i Romani si coprirono di gloria, sconfiggendo temibili nemici. E qui, in primo piano nella sua armatura dorata, vediamo Furio Camillo incedere fiero, sprezzante del pericolo. Calpesta nemici, non ha paura né timore, è pronto alla battaglia. In questo turbinio di corpi e colori spicca tutta la sua risolutezza. Un po' come avrebbe dovuto fare il figlio di Marco Antonio IV, che guarda caso faceva di nome Camillo. Tutto chiaro, no? Un'autocelebrazione in piena regola, attingendo come sempre al corpus di storie, tradizioni e leggende che fecero della Città Eterna una città storica e ricca di spunti.