Oggi si torna a Palazzo Barberini per parlare, ancora una volta, di un'opera d'arte rinascimentale capace, a tutti gli effetti, di trasportarci indietro nel tempo, alla scoperta di episodi mitologici, o similari, mostrandoci esempi di virtù, sotto varie forme. Già è capitato, in passato, di parlare di pitture simili (qui un esempio). Oggi, però, la vostra guida turistica a Roma torna a descrivervi un'opera del Garofalo. Attraverso i brillanti e caldi colori del maestro, infatti, narrerò la vicenda della matrona Claudia Quinta, colei che salvò la città nel 204 a.C. 

Era un periodo duro poiché la popolazione romana fu colpita da una grave carestia, talmente forte che nessun sacrificio, nessun rituale sacro fu sufficiente per placare quella che, per i Romani, era la rabbia scaricata dagli Dei su Roma. Per tale ragione furono consultati i Libri Sibillini, raccolta di profezie che avrebbero dovuto dare una soluzione al problema. Ed eccola la soluzione: andare nella lontana Pessinunte, in Asia Minore, per prendere il simulacro della Magna Mater, divinità conosciuta, in diversi modi e forme, a molte culture e civiltà antiche. Il viaggio fu faticoso ma alla fine un gruppo di ambasciatori e saggi romani riuscì a prendere possesso del simulacro. Il viaggio però rischiò di essere inutile quando, arrivati nei pressi dell'Isola Tiberina, la barca che trasportava equipaggio e sacra reliquia si incagliò. Sembrava tutto perduto quando, però, entra in scena la matrona Claudia Quinta. Donna rispettabile e di alto lignaggio, ebbe la sfortuna di essere additata come grande pettegola e, quindi, donna sgradita alla società romana. Però, grazie proprio all'aiuto di Magna Mater e con le sole forze delle sua braccia, presa una corda la matrona sospinse, da sola, la barca sino alla riva. In questo modo salvò tutta la comunità romana, con l'arrivo di Magna Mater che pose fine all'epidemia, riuscendo anche a riscattare se stessa. Una bella storia immortalata dai colori del Garofalo. Sullo sfondo si vede il Colosseo (anacronismo voluto visto che l'anfiteatro venne realizzato più di due secoli dopo), utile a localizzare nello spazio la vicenda. In primo piano Claudia Quinta, con il suo esile corpo ed apparentemente senza sforzo, tira la barca a sé. Sembra quasi che l'imbarcazione sia una piuma! In primo piano, piccola curiosità, compaiono anche dei piccoli cagnolini, probabilmente animaletti domestici di qualunque nobile famiglia che sovente entrano, nelle opere rinascimentali, all'interno delle opere pittoriche. 

Le pose dei personaggi sono ben bilanciate, come tipico nello stile dell'epoca, ma nonostante questo la nostra attenzione è tutta portata verso il centro della scena, e il significato intrinseco dell'episodio. Anche in questo caso, dunque, abbiamo un'opera d'arte cinquecentesca che dialoga sapientemente con la cultura antica, portando anche un messaggio di divina salvezza, in questo caso in salsa pagana, se vogliamo dire così. Un bel mix di storia, mito, cultura ed arte, a Palazzo Barberini di Roma, vero?