Il culto di Cibele, definita anche Magna Mater, fu importato dai Romani attorno al III secolo a.C., quando l'Urbe necessitava di particolari aiuti divini per una situazione di crisi.  La memoria storica di questa divinità che, come altre, non era di stretta origine romana, rimane non solo in opere scritte, ma anche in rilievi come questo che vedete in foto, in cui un toro viene portato presso il tempio di Cibele per il sacrificio sacro. Il rilievo si trova sulla facciata interna della cinquecentesca Villa Medici. Come guida turistica vi consiglio di visitare la villa, soffermandovi anche sulle numerose testimonianze della Roma antica che qui trovano posto. Inoltre, sovente in statue, ornamenti o rilievi, la Dea Cibele viene raffigurata su di un carro trainato da una coppia di leoni che, di solito, hanno il muso e l'atteggiamento feroce. Come spesso accade, anche questi animali hanno, in realtà, un'origine divina. Ed eccola qui, per voi…

La nostra storia, quest'oggi, seguendo le parole di Ovidio nelle sue Metamorfosi, inizia con la giovane Atalanta, donna bellissima ma altrettanto abile nella corsa. Lei era talmente forte e brava che nessun uomo riusciva a sconfiggerla, talmente brava, dunque, da risultare l'essere umano più veloce della terra. A seguito di un oracolo non proprio favorevole, non decise di sposarsi e, per preservare la sua verginità, pose una condizione severa a tutti i suoi pretendenti: solo colui che l'avrebbe sconfitta in una gara di corsa avrebbe avuto l'onere di giacere con lei e di sposarla definitivamente. Ovviamente Atalanta sapeva benissimo che le condizioni erano impossibili per tutti, tant'è che, uno dopo l'altro, tutti gli uomini che tentarono questa tragica sfida morirono. Tutti, tranne uno: Ippomene. Questo giovane, che prima criticava gli altri uomini per la loro stupidità nel gareggiare per una donna, alla vista di Atalanta si innamorò perdutamente, accettando anche lui la sfida. La cosa interessante è anche Atalanta si invaghì di Ippomene, senza però fare nulla per evitare di cominciare la corsa. Da una parte avrebbe tanto voluto perdere per stare con lui, dall'altra aveva paura della profezia ricevuta in precedenza, che non le prometteva nulla di buono dopo il matrimonio. In favore di Ippomene, però, si mosse la Dea Venere, escogitando un piano niente male! Durante la corsa, a poco a poco, Ippomene lanciò tre mele d'oro (date a lui, in precedenza, da Venere in persona), per rallentare Atalanta. La ragazza, infatti, alla vista di quei pomi dorati, lanciati al di fuori della pista, li andava a raccogliere, rallentando così il suo ritmo e la sua stessa corsa. Dopo la terza mela, nonostante ogni volta lei fosse tornata in vantaggio, Atalanta non riuscì più a recuperare il terreno ed il tempo persi, e fu sconfitta. Per la sua gioia, dobbiamo dire, lei si sposò finalmente con Ippomene. C'è un ma: il giovane Ippomene mai e poi mai si ricordò di ringraziare Venere per il suo prezioso aiuto, e la Dea si adirò moltissimo. Lei sospinse, dunque, fortissimi sentimenti d'amore tra i due giovani, sensazioni talmente forti da spingere i ragazzi a giacere, colti da estremo piacere, all'interno di un tempio dedicato a Cibele. Costei, inorridita dal fatto che i due, con i loro atti, stavamo dissacrando il suo sacro spazio, li maledì, trasformandoli in due leoni che, per l'eternità l'avrebbero servita trascinando il suo carro. 

Una storia tragica, alla fine, ma allo stesso tempo anche romantica, se vogliamo. Un racconto molto particolare che, ancora una volta, ci ricorda di come, nell'antichità, non era il caso di far adirare le divinità le quali, è bene ricordarlo, erano facilmente preda dei più umani dei sentimenti. Vi lascio con la descrizione della metamorfosi scritte da Ovidio:"Di conseguenza, fulve criniere ricoprono i loro colli prima lisci, li dita si curvano diventando artigli, dalle spalle partono le zampe, il peso del corpo si concentra tutto sul petto, con la coda spazzano la terra. Il loro viso ha un'espressione rabbiosa, invece di parole emettono ruggiti, al posto del talamo frequentano le selve: sono leoni, temibili per gli altri, ma docilmente stringono in bocca il freno di Cibele"