
La Chiesa di San Nicola in Carcere a Roma è una delle più belle realtà architettoniche e storiche in cui poter davvero comprendere quanto è speciale l’Urbe. La chiesa, infatti, sorge sui resti di ben tre templi di epoca romana, costruiti tra l’inizio del III secolo a.C. e l’inizio del II secolo a.C. I templi in questione furono dedicati alle seguenti divinità: Spes (la Speranza), Giunone (quello su cui, principalmente, sorge la chiesa) e Giano. Consiglio vivamente di visitare l’area sotterranea posta sotto il luogo di culto cristiano, poiché potrete toccare con mano i resti di quei templi che fanno da fondamento alla chiesa sovrastante. Da guida turistica locale di Roma vi dico di farci più di un pensierino...
Ora, però, vorrei concentrarmi su una peculiarità e curiosità della Chiesa di San Nicola in Carcere. La seconda colonna a destra, scanalata ed in marmo, presenta una chiarissima iscrizione. Eccola qui: DE DONIS DI ETSCE DI GENITRICI MARIESCE ANNE SCS SIMEON ET SCELVCIE EDGO ANASTASIVS MAIOR DOMV OFERO BOBIS PRO NATALICIES BEST . BINEA TABVL . VIQ . P . IT PORTV SEVBOBES PARIA II IVMENTA S . V . PECORA XXX PORCI X FVRMA DE RAME LIBRASXXVI LECTVS ITRAT V IN VTILITATE PBR SEVALEO LECTO SI TRATO AT MANSIONARIS EQVISEQVENTIBVS. Cosa significa? Ebbene, lasciatemi dire che l’iscrizione ha molto a che fare con il turbolento periodo in cui la chiesa fu eretta. Secondo i documenti in nostro possesso, infatti, il luogo di culto cristiano fu ufficialmente realizzato nel 1088, un anno dopo l’arrivo delle spoglie di San Nicola in Italia (a Bari, per la precisione). Ma in questo caso non è al santo che dobbiamo pensare, ma al pontefice dell’epoca, Urbano II. Alla morte di Gregorio VII, che aveva lasciato la Chiesa Cattolica con un’antipapa (Clemente III), ed una Roma messa parzialmente a ferro e fuoco dai Normanni di Roberto il Guiscardo, con un piccolo Conclave composto di soli 40 cardinali Urbano II fu eletto papa.
Seguì la strada riformista e moralista del predecessore, tanto che riuscì ad essere particolarmente amato da una parte del clero e da alcuni intellettuali dell’epoca. Spesso e volentieri, dunque, chi poteva aiutava la Chiesa Cattolica ed Urbano II come poteva, in modo da rimettere a posto le cose, ristabilendo l’ordine a Roma e nella Curia. Qui, su questa colonna in cipollino, sono scolpiti gli aiuti che un rettore, di nome Anastasio, diede alla Chiesa ed al papa. Tutto era utili in una Roma che, all’epoca, aveva circa 30.000 e non era certo una città moderna. Per questo non è così strano leggere di come Anastasio donò 2 giumente (II IUMENTA), 5 pecore (V. PECORA), ma anche 30 maiali (XXX PORCI). Regalie strane ai nostri occhi moderni, ma sempre utili nella Roma del Medioevo.