
Tra le meraviglie dei Musei Vaticani a Roma, all’interno della Pinacoteca (in cui sono conservati magnifiche tele di Raffaello, come la sua Madonna di Foligno, di Caravaggio ed altri geni dell’arte), troviamo il famoso Trittico Stefaneschi. Dobbiamo ringraziare Giotto per quest'opera d'arte, così come dobbiamo ringraziare i Musei Vaticani che, come sempre, non fanno mancare nulla nella loro straordinaria collezione, che consiglio sempre di ammirare più e più volte, magari con una guida turistica locale. Comunque sia, che cosa è, davvero, il Trittico Stefaneschi?
Questa magnifica struttura lignea dipinta fu realizzata nientemeno che da Giotto in persona, colui che cambiò radicalmente il volto dell’arte figurativa con i suoi studi che anticiparono, soprattutto, il concetto di prospettiva e profondità. Il trittico deve il suo nome al famoso cardinale Stefaneschi, un uomo tutto d’un pezzo che guidò la Chiesa nel corso del Trecento. Quello fu un periodo sicuramente travagliato per il clero, considerando che il papa, già da molti anni antecedenti l’elevazione di Stefaneschi al cardinalato, aveva spostato la Sua persona e tutta la curia ad Avignone. Un momento turbolento per Roma ed i Romani, che dopo secoli si ritrovarono senza guida spirituale. Dunque, per dare un po’ di slancio e vitalità alle anime depresse del popolo romano, il cardinale chiamò l’artista più in voga del momento per arricchire la Basilica di San Pietro, il fulcro della Cristianità, di un nuovo gioiello. Ed eccolo qui: tre pannelli in legno (il trittico era molto comune nel Medioevo, poiché si riallacciava al concetto di Trinità) decorati su entrambi i lati. Quello rivolto verso il clero vede la figura di San Pietro assisa in trono, con le chiavi in mano (suo simbolo distintivo) e con la figura inginocchiata alla sua destra che raffigura il Cardinale Stefaneschi nell’atto di consegnare il trittico stesso.
Quest’ultimo dettaglio indica, ancora una volta, una caratteristica comune riscontrabile in tutto il Medioevo: spesso la figura del committente di un’opera, fosse esso un pontefice, un membro del clero o della nobiltà, abitualmente si faceva rappresentare nell’atto di consegnare il modello del suo progetto, spesso e volentieri direttamente nelle mani di figure quali Gesù o la Vergine. Da notare quell’accenno di prospettiva che rese famoso Giotto, come scritto in precedenza. Si notano gli scalini decorati del trono che spingono l’osservatore verso una profondità appena visibile, certo, ma che rappresentò una notevole novità nel panorama artistico dell’epoca. Si possono ammirare anche le figure poste tutt’attorno il santo, in una posa comune per l’epoca. Ciò che però caratterizza meglio queste figure è la volumetria e l’uso del colore, che rende i corpi più pieni, maggiormente reali. Giotto fu un maestro a tutto tondo, un uomo famoso di cui già i contemporanei ne decantavano le lodi. Giovanni Boccaccio, ad esempio, nel suo Decamerone scrive di lui "Ebbe un ingegno di tanta eccellenza, che niuna cosa dà la natura, madre di tutte le cose e operatrice del continuo girar de' cieli, che egli con lo stile e con la penna o col pennello non dipingesse sì simile a quella, che non simile, anzi dessa paresse (...)". Il reale tornava ad essere tale anche in arte, grazie alle intuizioni di Giotto.
Infine, sul lato rivolto verso i fedeli, ecco Gesù in trono, con ai lati i martiri dei due santi patroni della città. Alla destra di Gesù abbiamo la crocifissione rovesciata di San Pietro (come vuole tradizione), mentre dall’altro lato vediamo San Paolo, ormai decollato a seguito della condanna a morte subita. Questi ultimi sono i due Santi Patroni di Roma, e non è assolutamente raro vederli raffigurati insieme nella stessa opera d’arte. Un programma figurativo semplice, se vogliamo, nella scelta dei personaggi raffigurati e nella loro impostazione. Ma, dopotutto, grazie all’arte ed alla novità stilistica di Giotto il Trittico Stefaneschi può, a tutti gli effetti, essere considerato un vero capolavoro. Un’opera d’arte che, tra le altre cose, è diretta testimonianza della Basilica di San Pietro, quella antica però, precedente alla sua totale ricostruzione. Tanti elementi per un trittico, vero? Ma qui ai Musei Vaticani di Roma ciò non dovrebbe sorprendere...