La Centrale Montemartini di Roma ospita numerosi reperti archeologici (oltre che meraviglie moderne) come questi mosaici splendidi, che rappresentano dei veri e propri documenti storici, capaci di illuminarci su aspetti della società dell'antica Roma. Tempo è, dunque, di entrare in contatto con un aspetto non secondario della cultura dell'Urbe antica.

Qui vediamo, ad esempio, frammenti di un grande mosaico raffigurante scene di caccia. La caccia per i Romani non era solo uno sport o un passatempo, ma un vero e proprio status symbol, un modo di essere, un vantaggio sociale. Come accade anche nelle primitive società tribali, dimostrare doti da cacciatore significava mostrare il proprio potere, legittimare il proprio stato sociale e dimostrare la propria forza. Per questo grandi imperatori, senatori e nobili, appartenenti a classi sociali agiate, usavano molto del loro tempo per cacciare bestie feroci e animali di ogni genere, spesso poi immortalando il tutto con mosaici di questo tipo, il cui soggetto principali è la cattura e la caccia ad animali. Un grande business vi era dietro tutto ciò, perché spesso gli animali vennero cacciati per alimentare lo spettacolo delle venationes le caccie organizzate nelle arene, come il Colosseo, che mandavano in visibilio il pubblico. Chi voleva regalare spettacolo a Roma, ricevendo in cambio popolarità e voti, doveva portare in città fiere feroci. Ma come venivano catturati gli animali?

I cinghiali soprattutto con le lance, con soldati a cavallo pronti a disorientarli e ferirli, per guidarli verso le gabbie (che erano in legno rinforzato con sbarre di ferro, spesso). Gli orsi, più grossi e forti, venivano attirati verso grandi reti, mentre i leoni o le tigri venivano attirate verso un fossato, usando animali come capre come delle esche. Vi erano dei veri e propri trattati, nell'antichità, che indicavano e descrivevano le tecniche di caccia migliori, adattate al singolo animale selvaggio. Ciò serviva anche a coloro che volevano organizzare dei giochi negli anfiteatri, uomini che dovevano preoccuparsi anche con mesi di anticipo di reperire gli animali che desideravano. Si capisce, dunque, come la caccia non fosse solo un'attività che divertiva e rilassava, tipica della ricerca, da parte dei nobili di quell'otium che tanto amvano. I nobili possedevano dei veri e propri zoo personali, estesi parchi abitati da animali di vario genere, che per puro diletto o per sfoggio di sé venivano cacciati. Dopotutto nel territorio italico erano numerosi i vivaria (il cui termine significa "luogo di vita"), i quali erano delle vere e proprie riserve studiate per contenere belve feroci. Un vivarium poteva essere terreno o acquatico e, sebbene la sua primaria funzione fosse l'allevamento della selvaggina e di diverse tipologie faunistiche, è certo che in alcuni casi i vivaria si trasformassero in luoghi privati in cui i nobili, e con essi i loro preziosi ospiti, potevano divertirsi cacciando animali di vario genere. Anche questo è un aspetto, forse crudo, della civiltà romana..