Se andate ai Musei Capitolini, qui a Roma, nella Sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori, la vostra attenzione verrà catturata da numerosi affreschi affidati al Cavalier d'Arpino (fine XVI secolo), e rappresentanti momenti iconici dei miti fondativi di Roma. Dopotutto anche le sale attigue ospitano affreschi cinquecenteschi che mostrano, sulla falsariga di quello che mi accingo a descrivervi, episodi salienti della cultura, tradizione e storia dell'Urbe (come in questo caso). 

Da guida turistica locale quest'oggi vi parlo, in particolare, di un affresco denominato "Numa Pompilio istituisce il culto delle Vestali e dei Sacerdoti". Innanzitutto chi era Numa Pompilio (l'uomo che vedete sulla destra, con la lunga tunica bianca)? Ovviamente il quasi mitologico secondo Re di Roma che, nel VIII secolo a.C. pare fosse stato colui che, più di tutti, diede nuova linfa alla vita spirituale e religiosa dei Romani, istituendo numerosi culti sacerdotali. Tra di essi, il primo fu quello delle Vestali. Esse erano le sacre sacerdotesse che dovevano occuparsi del culto della Dea Vesta. Antichissima e venerata in molte civiltà, Vesta era la sorella maggiore di Zeus, prima figlia di Crono e Rea. Tentata ripetutamente da Apollo e Poseidone, narra il mito che fu lui a chiedere a Zeus di essere per sempre preservata, mantenendo la sua verginità. Essendo, dunque, lei incorruttibile e pura, non era mai raffigurata o rappresentata in alcuna maniera. Inoltre, proprio per la sua purezza, Vesta per i Romani divenne la Dea del focolare, colei che, attraverso il sacro fuoco, rendeva stabile e proteggeva il suolo di Roma e di tutta la comunità. In piccolo, in tutte le case Romane vi era il sacro focolare (probabilmente antico discendente delle comunità primitive per cui il fuoco era fonte di sostentamento, protezione e sopravvivenza), a cui il pater familias dispensava rituali e parole magiche. Ma era nel tempio di Vesta, nel Foro Romano, che il culto della divinità raggiungeva il culmine. Le Vestali, inizialmente tre, furono poi canonizzate da Numa Pompilio stesso (che aveva la nomea di essere un vero e proprio stregone), il quale poi istituì anche la figura del Pontifex maximus, il sovrintendente di tutte le pratiche religiose. L'accesso al tempio di Vesta era precluso a tutti, escluso il pontifex maximus che, però, non poteva entrare nel sancta sanctorum del tempio, laddove solo la Gran Sacerdotessa poteva accedere. Lì vi era il sacro focolare, e lì alcune delle reliquie più sacre e potenti per Roma erano conservate (come il Palladium di Atena). In quest'aura di misticismo, mistero e leggenda, le Vestali si stabilizzarono in un numero di 6, scelte con criteri specifici e rigorosi tra giovani adolescenti di famiglie patrizie. Il loro servizio durava 30 anni (10 anni di noviziato, 10 di attività e 10 anni per la cura e l'istruzione delle novizie). Solo dopo erano davvero libere, anche di sposarsi. Nel corso del loro servizio, oltre a mantenere ovviamente la loro verginità (e se ciò non era rispettato erano dolori...), officiavano a diversi riti connessi a Vesta. 

Insomma, ci sarebbe da scrivere ancora molto, ma già questo basta per capire come Roma si dotasse di culti arcaici, provenienti da realtà autoctone o importati da altri popoli. Anche questa ricchezza culturale e spirituale rese Roma la Caput Mundi. Verrebbe da dire che non è un caso che il momento in cui il culto di Vesta e l'istituzione delle sacerdotesse Vestali vennero abolite viene ricordato come uno dei punti di svolta per l'Urbe. La fine di questa antica pratica religiosa sancì, più di altro, l'inizio della nuova vita cristiana per Roma. Il Gregorovius scrisse quanto segue: "I cristiani di Roma trionfavano. La loro tracotanza arrivò al punto, lamenta Zosimo, che Serena, sposa di Stilicone, entrata nel tempio di Rea, prese dal collo della dea la preziosa collana e se la cinse. Assistendo a questa profanazione, l'ultima vestale versò lacrime disperate e lanciò su Serena e su tutta la sua discendenza una maledizione che non andò perduta". Lacrime amare su un passato che si avviava alla conclusione, verso un nuovo futuro.