
Quest'oggi vorrei dare maggior attenzione ad una targa commemorativa, affissa sulla cinquecentesca facciata, designata da Michelangelo, del Palazzo Senatorio, ci ricorda uno dei momenti più bui della storia recente di Roma, che però fu abilmente trasformato in un atto politico importante. Come guida turistica locale mi piace far notare questi che sembrano dettagli, i quali però sono capaci di aprirci un mondo. Soprattutto perché siamo nel cuore di Roma, sulla sommità del Colle Capitolino, uno dei punti focali della Città Eterna.
Parlo dell’alluvione del 26 Dicembre 1870 e del conseguente arrivo in città del Re Vittorio Emanuele II. Solo pochissimi mesi prima Roma fu presa dai soldati del neonato Regno d’Italia, costringendo il papa a relegarsi negli Appartamenti Vaticani, il quale subito si autoproclamò prigioniero politico. Il 26 Dicembre del 1870, a causa delle numerose piogge che caddero soprattutto a monte, il Tevere si ingrossò talmente tanto da straripare in più punti. Luoghi iconici come Piazza del Popolo, il Pantheon, Piazza Colonna o Via del Corso furono completamente allagate. Sovente la potenza dell’acqua, che poteva raggiungere altezze anche superiori ai 15 metri in certi punti, era l’ultimo dei problemi. Si dovevano salvare le persone rintanatesi negli scantinati, mettere quanto prima in sicurezza gli edifici più fatiscenti, evitare l’eventuale diffusione di malattie. Più che i danni materiali provocati dall’alluvione in sé, infatti, era buona norma capire come salvare il salvabile evitando, soprattutto, il protrarsi di situazioni di emergenza che avrebbero facilmente provocato piaghe ed epidemie.
Considerate inoltre come l’alluvione non era nulla di strano per i Roma ed i Romani che, sin dall’antichità e fino alla realizzazione, alla fine dell’Ottocento, dei cosiddetti Muraglioni, dovettero aspramente combattere con i capricci del fiume. Comunque in un momento così tragico per Roma, il Governo Italiano consigliò al Re di recarsi personalmente in città. Partito con un treno da Firenze, nonostante le linee ferroviarie fossero parzialmente bloccate o distrutte, Vittorio Emanuele II giunse a Roma. E quella fu la prima volta in assoluto, dopo la presa della città con la cosiddetta Breccia di Porta Pia. Per la prima volta, inoltre, il Re d’Italia venne nell’Urbe in qualità di leader che avrebbe potuto portare sostegno, economico e politico. Vittorio Emanuele II arrivò alle quattro del mattino alla stazione Termini, accompagnato anche da alcuni ministri del Governo. In quell’occasione il Re tentò anche il disgelo con il papa Pio IX il quale, dopo la conquista della città, ricordo che si considerava a tutti gli effetti un prigioniero politico e di guerra. Il Re, inoltre, donò una considerevole somma alla città per riprendersi dall’alluvione. Probabilmente fu tutto una campagna propagandistica atta a far vedere, in carne e ossa, che l’uomo che effettivamente ed ufficialmente governava Roma era presente e attivo, pronto a sostenere la città nel momento del bisogno. Un po’ come facevano gli imperatori Romani mostrando la loro effige sulle monete a più ampia circolazione. Ed a volte, per il popolo romano, bastava la presenza...