
Poche foto per rappresentare al meglio il Foro Romano, ciò che comunemente è definito come il centro politico di Roma. Dire così sarebbe riduttivo, sebbene in realtà rispecchia bene ciò che era l'Urbe più di duemila anni fa, soprattutto in età repubblicana, quando davvero il Foro serviva ai cittadini per farsi un'idea della politica attorno a loro. Con l'avvento dell'Impero, dopotutto, un uomo solo poteva fare il bello ed il cattivo tempo... Da guida turistica passo le mie giornate qui, tra i resti di una memoria ancora ben impressa nel tessuto sociale e culturale di Roma. E, spesso, cerco di far comprendere la vera essenza del Foro Romano. Cosa era, dunque, il Foro? In generale diciamo la piazza pubblica. E con questo ho detto tutto e niente.
Probabilmente il termine forum ha, come significato, quello di atrium, vestibolo. Era l'ingresso di Roma, il modo in cui l'Urbe si presentava, allo stesso modo in cui, in una domus di un ricco nobile e aristocratico romano, il primo ambiente in cui ci si ritrovava era l'ingresso, spesso adornato e decorato. Il Foro era davvero il luogo della politica, laddove essa si faceva propaganda, comunicazione, proposta, partecipazione, conflitto. Al mattino, anche presto, magistrati superiori ed inferiori, tribuni e senatori andavano al Foro per farsi vedere. Arringhe in tribunale, processi, orazioni pubbliche e discorsi alla comunità era il loro pane quotidiano. Andavano al Foro per cercarsi nuovo amici e clienti, utilissimi nei momenti di difficoltà o in quelli dell'ascesa politica. Il Foro era come una grande Tv, in cui i Romani potevano vedere e toccare con mano colui che si proponeva come nuovo edile o pretore, il senatore con i littori al fianco, il giovane rampollo di famiglia nobile pronto a farsi largo nella politica romana. Ma era il pomeriggio che si consumava il vero rito del Foro. Il pomeriggio era dedicato alla gente comune, che si incontrava nelle basiliche, vicino i templi, sulla piazza centrale per discutere, parlare e sparlare di questo o quello. Era qui che si generava il consenso popolare o il discredito pubblico. Era qui che si incominciò a tacciare Pompeo di essere troppo effeminato, poiché pensava più ai suoi amori (sinceri) che alla battaglia. Fu qui, seguendo voci e rumors, che vere sommosse popolari contribuirono a far cambiare leggi secolari. Fu sempre qui che Giulio Cesare fu ignominiosamente accusato di essere una prostituta (donna) o di essere la "regina del triumvirato" (con Pompeo a fare da Re). Una cosa simile poteva costare la carriera politica, poiché Cesare si sarebbe abbandonato alla luxuria (un vero eccesso per il morigerato romano della Repubblica) con il Re della Bitinia nel corso di una missione diplomatica. Quasi come se Roma stessa si sottomettesse. Tutti avrebbero accusato il colpo, poiché il popolo era lo specchio della tua attività politica, capace di deciderne le sorti. Ma per uno che puntava ad essere un vero dittatore, del consenso popolare poco si curò.
Dunque il Foro Romano era questo e altro, era laddove gli storici romani ambientavano alcune delle storie più moralizzanti e fondativi della storia stessa di Roma. Al Foro, per esempio, nel IV secolo a.C. si decide che la guerra contro Veio dovesse andare avanti, quando tutto ormai sembrava perduto. E oggi, a millenni di distanza, il Foro Romano recita il ruolo principale nel grande palcoscenico che è Roma. Abbiamo resti di basiliche, di templi, di edifici cultuali di stampo romano trasformati in chiese cattoliche, di portici medievali, di horrea, di domus, di archi trionfali. Abbiamo la stessa storia dell'Urbe qui. Forse è proprio qui, al Foro Romano, che si possono apprezzare con maggior forza le seguenti parole, vergate da Goethe durante il suo celeberrimo viaggio a Roma: "Chi sa guardare con serietà a queste cose e ha occhi per vedere deve rinsaldarsi, deve acquistare un’idea della solidità quale non ebbe mai così viva. […] Io perlomeno ho l’impressione di non aver mai apprezzato come qui il valore delle cose di questo mondo, e mi rallegro delle fauste conseguenze che ne ritrarrò per tutta la vita. […] voglio immergermi nello studio di questa grandezza, voglio, prima di compiere i quarant’anni, istruire e coltivare il mio spirito".


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