Tra le opere pittoriche che abbelliscono le sale di Palazzo Barberini a Roma c'è questa bellissima tela del Garofalo, rappresentante una delle mitologiche metamorfosi più famose: la trasformazione di Pico in un picchio, da parte della maga Circe. Quest'opera pittorica è un altro esempio di come la mitologia antica abbia fatto da modello per capolavori meravigliosi, a opera, in particolare, di pittori rinascimentali e non solo. Da guida turistica locale vi dico che Palazzo Barberini, e il meraviglioso tesoro artistico che contiene, merita una visita approfondita. Dopotutto ci sono opere di vario genere, come questa che ci riporta, anche, ad argomenti che sanno di alchimia e mistero. Ma, ora, torniamo alla tela del Garofalo, con i suoi classici colori squillanti e potenti, e vediamo più approfonditamente a quale episodio mitologico si è ispirato.  

Pico era un re dell'Ausonia e, venuto a Roma, sul colle Palatino si innamorò perdutamente di una ninfa, Canente, che prese in sposa. Di bell'aspetto, come ci narra Ovidio nelle sue Metamorfosi, Pico è anche un abile cacciatore. Un giorno, insieme ad i suoi compagni, decise di compiere una battuta di caccia fuori Roma, spingendosi fino al Circeo, dimora della maga Circe, figlia del Sole. Costei stava raccogliendo delle erbe quando, alla vista del baldo giovane, "stupì lasciando cadere quell'erbe che aveva raccolte, e le sembrò che per tutte le vene scorressele il fuoco". Tentò di avvicinarsi a Pico, ma i suoi compagni lo avvertirono del pericolo rappresentato dalla maga e lui si allontanò. Pazza d'amore, Circe escogitò un piano. Fece apparire un finto cinghiale che subito Pico inseguì. Dopo averlo raggiunto, per ucciderlo, scese da cavallo ma, nel frattempo, si accorge di essersi allontanato troppo dal gruppo. Improvvisamente il cinghiale scompare ed appare Circe, che non perde tempo nel dichiarargli amore. Ma lui rifiuta, fedele a Canente, e presa da molta rabbia, Circe lo trasformò in un picchio! Con i suoi caldi colori, Garofalo nella seconda metà del Cinquecento ci racconta gli episodi salienti del mito. In secondo piano un bellissimo paesaggio fa da sfondo, un poco offuscato e lontano, a dare un'atmosfera quasi magica. C'è anche un promontorio, che è quello del Circeo. Una composizione classica, con gruppi di figure disposte ordinatamente sullo spazio pittorico. Bella da vedere e da "leggere", come se fosse un fumetto a colori. Uno dei tanti modi per vivere un museo come quello di Palazzo Barberini a Roma, in cui non basta soffermarsi sugli aspetti tecnici di un capolavoro, ma anche su ciò da cui traggono la loro origine.

Vi lascio con le parole che ci raccontano la metamorfosi vera e propria:"(Pico) vede che il corpo è pennuto e, sdegnato che qual nuovo uccello voli nei boschi del Lazio, col rigido becco trafigge gli alberi duri, e con ira dà colpi ai lunghi tronconi. Prendon le penne il vermiglio color del mantello: la fibbia, l'or, che stringeva la veste, diventano piume e si tinge d'oro la testa e di Pico riman sol il nome che aveva".