
Esattamente davanti il portico d’ingresso della Basilica di Maria in Domnica, scorgiamo una curiosa fontana che dà il nome a tutta la via: Navicella! Ancora oggi questo piccolo e grazioso monumento è avvolto nel mistero, ma forse è anche per questo che la Navicella è capace di stupire per la sua semplicità, le sue domande e le possibili risposte che ancora devono essere completamente date. Vi ricordo che siamo al Celio, storico colle di Roma le cui origini sono ancora avvolte nel mistero ma che, vi giuro, sa preservare una pace ed una quiete fantastiche. Come guida turistica locale è un piacere per me passeggiare qui con i turisti al seguito, lontano dal caos cittadino. E soffermarmi dinanzi a questa curiosissima fontana.
Innanzitutto è certo che una fontanella in pietra e travertino, dalla inconsueta forma a barca, esisteva in epoca romana. Probabilmente, nel corso dei secoli e durante il Medioevo, la fontana fu abbandonata, non più collegata ad acquedotti, vandalizzata o chissà cos’altro. Ciò che sappiamo è che, per preservarne la memoria, Papa Leone X ne ordinò la completa ricostruzione, sfruttando magari quel poco che era rimasto. Ad occuparsi dell’opera fu il Sansovino, artista molto attivo agli inizi del XVI secolo, epoca in cui il pontefice, appartenente alla famosissima famiglia Medici, regnò su Roma: fu sempre questo architetto che si preoccupò, e sempre sotto lo stesso pontefice, di restaurare la Basilica di Santa Maria in Domnica. Ma c’è anche altro da sapere, qualcosa che ha direttamente a che fare con le molteplici domande che gli studiosi si pongono ancora oggi.
Infatti da dire come, inizialmente, tale struttura in pietra non era una fontana, e fu ritrovata nel corso di alcuni scavi all’interno del Colosseo. Ed è qui che partono le prime disquisizioni su chi, effettivamente, avesse voluto realizzare una piccola galera romana. Un monito? Un regalo? Una semplice decorazione? Probabilmente, questa fontanella altro non è che un ex-voto, e cioè un oggetto donato ad una divinità come ringraziamento. Proprio lì, dove oggi sorge la Basilica di Santa Maria in Domnica, vi erano gli alloggi dei marinai della flotta di Capo Miseno, che passavano il tempo trascorso a Roma (soprattutto d’inverno, quando la navigazione per mare era molto rischiosa), per armeggiare con il velarium, il tetto dell’antico Colosseo che altro non era se non grandi porzioni di vela tirate nelle giornate di Sole. I marinai omaggiavano soprattutto una divinità: Iside, dea di origini egizie, molto amata dai Romani, che era considerata la protettrice della navigazione. Insomma, questa è la teoria che va per la maggiore.
Secondo altri, la Navicella fu sempre un ex-voto, ma voluta da alcuni marinai di passaggio a Roma. Non sapremo mai forse, ma ciò che sappiamo è che questo piccola nava venne alimentata con l’acqua, divenendo quindi una vera fontana, solo nel 1931. Fu in quell’anno che la Navicella fu allacciata ad un acquedotto. Non solo, poiché quello fu l’anno di un ulteriore restauro, nel corso del quale la prua della nave venne girata rispetto all’originale e puntando, come si vede ancora oggi, con la prua verso il Colosseo (e quindi il centro dell’Urbe). E’ interessante notare come, dunque, ancora oggi non sappiamo bene perché questa nave fa bella mostra di sé sulle pendici del Celio. Una cosa è certa: a volte, la bellezza e la cultura non devono avere forme monumentali!