Qui in foto vedete una delle opere più famose al mondo: il Torso del Belvedere. Conservato ai Musei Vaticani di Roma e databile attorno al I secolo a.C., esso rappresenta il modello per antonomasia, quell'opera d'arte antica che divenne prototipo di quel senso della bellezza, della proporzione e della forza che ispirò artisti del Rinascimento quali Raffaello e Michelangelo, che personalmente lo osservarono. Durante un tour mi soffermo sempre davanti al Torso del Belvedere, poiché i motivi per farlo sono molteplici. 

Innanzitutto rendiamoci conto di essere di fronte a un grande busto mutilo in marmo, acefala e con altre parti del corpo completamente mancanti. Nonostante questo, però, la straordinaria energia e la potenza che traspare dall'opera marmorea sono impressionanti. Tanto per dare un'idea, il grande Michelangelo passò molto tempo a guardare, studiare e osservare con attenzione questo grande busto, tanto da utilizzarlo come modello per molti dei nudi che inserirà nella Cappella Sistina, e non solo. Il genio del Rinascimento arrivò addirittura a definirsi "discepolo del Torso del Belvedere". Non solo, poiché sembra che Michelangelo passasse ore intere davanti a questo capolavoro, quasi in pura contemplazione, realizzando numerosi schizzi da diversi punti di vista. Dopotutto un’opera del genere, sebbene mutila, colpisce ancora per la vibrante forza sprigionata dai marmorei muscoli, coadiuvata da una eleganza e senso della perfezione tipiche dell’arte antica. Il senso di non finito, l'incompiutezza di ciò che aveva di fronte affascinò moltissimo Michelangelo che vedeva delle importanti affinità con il suo modo di intendere l'arte. Proprio questa incompletezza, ovviamente, fecero emergere nel tempo numerose domande e altrettante, numerose, risposte...

Innanzitutto il soggetto: chi rappresenta questo straordinario busto in marmo, che sembra essere nell'atto di alzarsi, con i suoi possenti muscoli tesi e pronti all'azione? Si ipotizza possa essere Ercole, o anche Aiace, altro eroe greco. Non lo sappiamo. Così come non sappiamo bene come sia giunto a Roma: per la prima volta si parla del busto come parte della collezione privata di un principe della famiglia nobile dei Colonna (siamo nel '400), per poi andare a finire nella bottega dell'artista Andrea Bregno, per poi successivamente confluire alla corte papale di Giulio II. Si ipotizza che l'opera completa potesse trovarsi nelle antiche Terme di Caracalla o, anche, in quelle di Costantino al Quirinale. Da notare, inoltre, come l'opera abbia ancora oggi impressa la firma del suo artista, cosa rara a vedersi. Sulla superficie c'è scritto: "opera di Apollonio figlio di Nestore, ateniese". Una vera firma, che resiste dà più di duemila anni sulla superficie di un'opera che impressiona per il realismo del corpo, per la forza che da esso traspare, per la posizione dinamica ed in movimento. Una bellezza dall'Atene antica, a cui papa Giulio II volle far aggiungere arti e testa, per portare l'opera a compimento. Ma Michelangelo, rifiutandosi, affermò che la perfezione della scultura sta proprio nel suo essere mutila, e che sarebbe stato un peccato rovinarla ricostruendola...