
Tempo fa, alle Scuderie del Quirinale a Roma, fu organizzata una meravigliosa mostra su Raffaello. Sì, la Città Eterna è ottima anche come location per mostre di vario genere e spessore, grazie alle quali si può conoscere qualche aspetto in più su personalità del mondo dell'arte, famose e meno, che fecero la storia. Indubbiamente, però, Roma non sarebbe la stessa se, per secoli, non fosse stata governata, tra alti e bassi, dai pontefici. E tra quest'ultimi in molti lasciarono un tratto distintivo nella storia (a volte creando scandalo, come potete leggere qui), soprattutto in quella del Rinascimento. Prendendo spunto da questa mostra, in foto abbiamo un ritratto, realizzato da Raffaello, di una dei pontefici che, in molti modi, contribuirono a rendere Roma quella che è oggi: Leone X.
Per una guida turistica come me Leone X è, obbligatoriamente, un papa che deve essere conosciuto a fondo. Pontefice dal 1514 al 1521 succedette a Giulio II, e tale successione non fu solo di nome ma, anche e in parte, nel modo di concepire il potere. Con Leone X la Città Eterna divenne una sorta di principato e signoria di stampo rinascimentale, come Firenze. E non è un caso. Infatti il vero nome di Leone X era Giovanni de Medici, che fu nientemeno che il secondogenito di Lorenzo il Magnifico, l'Ago della Bilancia dell'Italia di fine Quattrocento. Avviato sin da giovanissimo all'attività ecclesiastica, con il chiaro scopo di avere qualcuno di peso all'interno della Curia romana, Giovanni de Medici divenne cardinale già in età adolescenziale. Alla morte di Giulio II nel 1513, in sede di Conclave i cardinali vollero cercare qualcuno che fosse più tranquillo, inadatto a combattere guerre in giro per la penisola come fece, per fini politici, Giulio II. La scelta ricadde proprio su Giovanni, un ragazzo giovane ma dalla salute fragile. Pingue, sicuro di sé e abituato a vivere nel lusso, Leone X sarebbe stato destinato, secondi molti cardinali, a morire presto. Un papato breve, insomma, per risistemare le cose in attesa di trovare un pontefice più forte. Giochi politici assolutamente comuni, in quanto il papato rappresentava un regno vero e proprio, con i suoi delicati e mutevoli equilibri politici. Ma così non fu, visto che Leone X rimase in carica per sette anni. E di certo lasciò un vivido ricordo di sé, soprattutto nell'immaginario del popolino e non solo. Famose furono le feste nella sua corte, composta da musici, poeti, filosofi e artisti vari. Una corte che si mosse nel lusso più sfrenato, e che passò da un evento all'altro con estrema nonchalance. Memorabile furono, dopotutto, i festeggiamenti che Leone X ordinò per l'arrivo a Roma del fratello Giuliano, appena diventato (guarda caso), cardinale. Sulla sommità del Campidoglio si montò un teatro ligneo che poteva ospitare circa 3000 persone, spettatori di quegli spettacoli che il papa fece preparare per il fratello. Per non parlare poi del luculliano pranzo dalle 22 portate, e dai numerosi eventi connessi. Il tutto con, sullo sfondo, la celebre Lupa Capitolina in bronzo e la manona del colosso di Costantino reggente un grande globo bronzeo, chiaro riferimento alle palle che simboleggiavano la casata dei Medici. Leone X non fu, solamente, un uomo degli eccessi ma, anche, un regnante che, più di altri, si preoccupò della fragile memoria di Roma. Fu lui, infatti, a ordinare a Raffaello di verificare tutte le antichità romane, muovendosi come una sorta di novello sovrintendente. In poche parole il maestro del Rinascimento fu costretto a girovagare per Roma controllando, catalogando, studiando e disegnando tutte quelle rovine antiche che spuntavano dal terreno. Un censimento in piena regola certo, che portò Raffaello a criticare apertamente la scarsa considerazione che molti, pontefici inclusi, ebbero nei confronti delle vestigia di Roma antica. L'ordine di Leone X portò a entrare nell'ordine delle idee di conservare e preservare, termini di cui oggi spesso si abusa anche, quella che è la storia stessa di Roma. Non ci si sorprenda se fu proprio con Leone X che si avviò una politica del genere, o quantomeno che si tentò di attuare. La sua conoscenza dell'arte, l'amore e il gusto per il bello, che ebbero origini dall'ambiente lussuoso in cui fu abituato a vivere, portarono il pontefice a preoccuparsi di quel museo a cielo aperto che è Roma.
Questo breve excursus storico che porta, dunque, a conoscere un poco meglio un papa che ne ha fatte di cotte di crude, il cui pontificato può essere circoscritto in questa frase: "Godiamoci il papato, visto che Dio ce lo ha voluto dare". Sarebbe stato Leone X stesso a dirla, una serie di parole che, probabilmente, descrivono bene quello che era l'idea che si era fatto del suo governo e del suo potere. Questa era la Roma del Cinquecento, del Rinascimento e di Raffaello. Una Roma anche da preservare, da disegnare e da abbellire con l'arte e la cultura, elementi imprescindibili nel papato di Leone X.