
Il celebre Caravaggio, qui a Galleria Borghese a Roma, è semplicemente di casa. Dopotutto il primo proprietario della villa, il cardenal nepote Scipione Borghese, era un grande estimatore delle opere del maestro, nonché esperto d'arte e primo vero sponsor del Bernini, ad esempio (leggete qui per averne un'idea). Da guida turistica locale è sempre un grande piacere guidare dei tour qui a Galleria Borghese, perché si può entrare in intimo contatto con un'opera di Caravaggio davvero entusiasmante, esposta nella stessa sala del Bacchino Malato. Parlo della cosiddetta Madonna dei Palafrenieri. Scopriamola assieme.
Commissionata dalla Confraternita di Sant'Anna nei primissimi anni del Seicento, a Caravaggio fu chiesto di mettere in primo piano proprio Sant'Anna, madre della Vergine. Qui vediamo, inserite in un contesto completamente buio in cui una luce, in alto a sinistra, illumina solo una porzione di muro, la Vergine con Gesù davanti a lei, intenti a calpestare un serpente. Sant'Anna, invece, colei che dovrebbe essere la vera protagonista dell'opera vista la committenza, se ne sta lì, quasi in un angolo, in un silenzio ed un atteggiamento distaccati, quasi in contemplazione. Già questo indispettì non poco la Confraternita, ma c'è molto altro. Innanzitutto sappiamo per certo che il modello femminile che Caravaggio utilizzò per rappresentare la sua versione della Vergine Maria si chiamava Lena, una ragazza molto conosciuta a Roma. Motivo? Semplicemente era una delle cortigiane più apprezzate e famose, tanto da aver avuto famosi amanti come il nipote di papa Sisto V. Insomma, una prostituta elevata a rappresentare la Vergine Maria. Inoltre l'atteggiamento della Madonna, con quel suo petto quasi prorompente, con il seno che sembra stretto dalla veste che porta la donna, fece quasi gridare allo scandalo a molti. Come suo solito Caravaggio inserì fondamentali personaggi biblici in un ambiente completamente realistico, in un atteggiamento ed una veste realistici, utilizzando modelli che tutti, anche l'ultimo dei contadini completamente avulso da conoscenze in fatto di storia dell'arte, avrebbero potuto comprendere e riconoscere. Questo fa parte di quel processo di umanizzazione, in piena concordanza con i dettami della Controriforma (alla faccia di chi dice che Caravaggio era uno che faceva sempre e solo di testa sua), che rende questo maestro dell'arte davvero unico. Ma non è finita qua, poiché ora la nostra attenzione può spostarsi sul serpente che la Vergine schiaccia, con l'aiuto di Gesù. Sembra quasi un gioco per loro, soprattutto per il bambino. Ovviamente il tutto rappresenterebbe la sconfitta del Male, personificato dal serpentello. Ma molti studi ci dicono che questo rettile possa essere un cervone, un serpente molto comune nelle campagne laziali che aveva anche fama di mordere le mammelle delle mucche. Immaginate, per un attimo, quante mamme nel Seicento potessero essere preoccupate dal cervone, un rettile comune che avrebbe potuto fare del male ai propri figli. Provate a pensare che le due donne ed il bimbo non siano Sant'Anna, la Vergine e Gesù, ma una semplicissima famiglia composta da madre, nonna e bimbo. Ecco, anche in questo caso Caravaggio ha giocato tra sacralità e realtà, tra invenzione ed imitazione stretta e dettagliata della realtà, non soltanto visiva.
Quest'opera pittorica, finita non sorprendentemente nelle mani avide d'arte di Scipione Borghrese, rispecchia in pieno lo stile di Caravaggio. Un'artista a tutto tondo che, in un certo qual senso, operò per il popolo, rendendo di facile lettura episodi biblici. Nonostante il brutto carattere, che certamente non aiutò Caravaggio, possiamo facilmente dire quanto questo pittore cambiò l'arte, non solo del suo tempo. E' dunque sempre un piacere contemplare un'opera del genere, soprattutto se si è qui alla Galleria Borghese di Roma. In cui, come scritto in precedenza, Caravaggio è di casa.