
Cosa è questo scheletro che presenta un grande foro sul cranio, tra l’altro perfettamente conservato? Siamo nel Museo della Storia della Medicina dell’Università La Sapienza di Roma (che colgo l’occasione per pubblicizzare, visto che è anche gratuito), e questo è il capolavoro della sua collezione: il Bambino di Fidene.
Questo macabro scheletro appartiene ad un bambino, non sappiamo se maschio o femmina, risalente al II secolo d.C. Il reperto fu ritrovato a Fidene, cittadina non troppo lontana da Roma che, all’epoca, era una zona abitata da qualche nobile dell’Urbe ma, soprattutto, da pastori e artigiani. Probabilmente il bambino apparteneva alla famiglia di qualche liberto che, con i giusti contatti ed investimenti, era riuscito a rivestire un ruolo abbastanza importante nella tranquilla cittadina di Fidene. In questo bellissimo e, purtroppo, sconosciuto museo è stata ricostruita la sepoltura, così come trovata dagli archeologi. Ciò che salta subito all’occhio è, ovviamente, il grande foro presente sul cranio. Cosa rappresenta? Un chiaro intervento chirurgico! Nulla di strano, poiché anche oggi in chirurgia si applicano fori cranici per diminuire la pressione cerebrale o per vere e proprie operazioni. Ciò che è speciale, però, è che già duemila anni fa ci furono dei tentativi in tal senso. Incredibile come già nella Roma del II secolo d.C., sicuramente un periodo dell’oro per tutta la civiltà romana, si potesse arrivare a tanto. Una trapanazione cranica utilizzata, sicuramente, come una sorta di palliativo. Secondo i paleontologi, il cranio del bambino era più grande del normale, e ciò portava dei forti mal di testa o senso di nausea. Probabilmente il piccolo aveva un tumore al cervello, un male che gli provocava dolori atroci. Per tentare di fare qualcosa, o più probabilmente solo per dare un poco di serenità ad un malato già condannato a morte dalla malattia, si decise di fare un intervento complicatissimo: asportare una parte del cranio, così da ridurre la pressione interna per dare un poco di respiro al bimbo. Impressionante come, secondo gli esami, si evince che il bambino ha continuato a vivere per un altro mese a seguito dell’intervento. Del nuovo materiale osseo, infatti, è stato rinvenuto sul bordo del foro, ad indicare quanto il bimbo avesse, con forza, continuato a vivere. Un’altra grande sorpresa, dunque, che ci porta a pensare come questo reperto sia davvero unico nel suo genere.
Uno spaccato di umanità, ma anche un modo per comprendere quanto fosse avanzata, in un modo o nell’altro, la medicina dell’epoca. Il povero Bambino di Fidene del Museo della Storia e della Medicina all’Università La Sapienza di Roma è un simbolo di come potevano arrivare ad operare i medici. Pare, infatti, che il neurochirurgo in questione fosse riuscito ad asportare la sezione cranica in assoluta tranquillità, con mano ferma e sicura. E’ inoltre probabile che non fu di certo l’intervento ad uccidere il bambino, anzi! Non ci sono segni di stress fisici a seguito della trapanazione quanto, invece, molti sono i segnali evidenziati dai paleontologi che indicano come numerose infezioni colpirono l’organismo del bimbo, a seguito dell’intervento. Nonostante la ferita fosse stata fasciata, probabilmente, il bambino di Fidene morì per complicazioni successive all’intervento, non tanto per la malattia in sé. E nonostante la cura di medici competenti, purtroppo, la morte sopraggiunse comunque.