
Le sale affrescate di Villa d’Este a Tivoli mostrano un compendio dell’arte rinascimentale. Ville nobiliari ricche di affreschi, grottesche, decorazioni a stucco ed elementi che esaltano le virtù, la politica e l’origine della famiglia committente. Nel caso specifico di Villa d’Este il cardinale Ippolito, che inizialmente seguí i lavori di quella che doveva essere la giusta dimora per un cardinale ed un membro della famiglia d’Este, si preoccupò anche di onorare Tivoli, l’antica Tibur Superbum per i Romani.
Una città che, secondo il suo mito fondativo, sarebbe stato fondata addirittura prima della Caput Mundi grazie a ben tre fratelli: Tiburto, Corace e Carillon. Essi non erano altro che esuli dalla Grecia, discendenti anche di uno dei sette re di Tebe, a confermare quella mitologia che vedeva le città e le comunità sviluppatesi nella penisola italica come dirette discendenti dei Greci. I tre, appena sbarcati lungo le coste laziali, si trovarono a fronteggiare i Siculi, potente popolazione autoctona, per poi prendersi il territorio lungo la valle dell’Aniene e fondare subito la loro nuova città: Tibur, dal nome del fratello maggiore. Conquistato il territorio poi, i tre celebrarono la vittoria con sacrifici agli Dei, ringraziando in particolare Ercole (semidivinità molto sentita e popolare nell’antica Tibur), che avrebbe dato una mano ai fratelli nel conseguire la vittoria e nel preservare il potere. I tre fratelli, inoltre, avrebbero scavato, per mezzo di un aratro trainato da buoi, il loro pomerio, il confine sacro che delimitava il centro cittadino, sacro agli dèi. In questo modo avevano omaggiato le divinità stesse, fondamentalmente donando loro il fulcro del nuovo centro fondato.
Per avere un’idea di come i miti possano essere simili, la stessa cosa la fece Romolo sulla sommità del Palatino nell’atto fondativo di Roma. Ci sono varie versioni del mito, ma ciò che conta è di come l’eredità mitologica dei nostri avi sia sempre presente, talmente tanto da voler essere immortalata da quegli uomini del Rinascimento che, più di altri, cominciarono a scavare a fondo nelle nostre origini. Una villa come questa a Tivoli, dopotutto, rappresenta proprio questo: le su sale e stanze sono ricoperte di stucchi e decorazioni pittoriche, molte volte atte all’esaltazione del mito fondativo di Tivoli, città rinomata già al tempo dei Romani. In questo il cardinale Ippolito poté, indirettamente, sottolineare il suo prestigio personale, poiché aveva stabilito la sua dimora proprio qui, nella Tibur Superbum. E queste magnifiche stanze affrescate, attingendo alla mitologia greco-romana, servono proprio a questo: a riempirci gli occhi di meraviglia, ma anche a farci comprendere lo status sociale del padrone di casa.