
Nella splendida cornice di Palazzo Altemps a Roma, ed all'interno dello splendido museo ospitato nelle sale di questo straordinario edificio del Rinascimento troviamo una delle statue più celebri della collezione Ludovisi, una sterminata serie di opere d’arte appartenute ad una delle famiglie nobili più in voga nella Roma del ’600: il cosiddetto Ares Ludovisi. Pronti ad approfondire la conoscenza di una delle meraviglie del mondo antico? Pronti a seguire una guida turistica locale che brama dalla voglia di vedere con voi questa scultura?
Iniziamo solo con il comprendere come, spesso, le magnifiche opere che oggi ammiriamo nei musei pubblici appartenevano, in forma privata, a questa o quella famiglia, a questo o quel Re, a questo o quell’imperatore. Immaginate, allora, il vero tesoro artistico che uomini e donne di alto rango hanno posseduto, nel corso dei secoli. E provate, poi, a concepire quante meraviglie, in quanti musei del mondo, possiamo oggi guardare. Il cosiddetto Ares Ludovisi è solo uno dei più fulgidi esempi di ciò che ho appena descritto. Ludovisi, infatti, non è altro che il nome delle famigllie nobile che quattro secoli fa possedeva una collezione d'arte antica bellissima, tra cui questo Ares (se volete conoscere un altra opera d'arte appartenuta dalla famiglia Ludovisi, e sempre esposta nel museo di Palazzo Altemps di Roma, cliccate qui).
Passiamo ora a descrivere questo straordinario Ares (Dio greco della Guerra e non solo): vediamo un giovane imberbe, con una grande spada che poggia, fiera, sulla sua gamba sinistra e con uno scudo poggiato, invece, a destra. Questa impressionante statua in marmo è una copia romana, del II secolo d.C., ispirata probabilmente all’originale scultura attribuita a Skopas o Lisippo. Dopotutto per i Romani i Greci, e la loro matura arte, divennero un vero e proprio modello da replicare ed imitare, e questa statua marmorea non fa eccezione. Ritrovata nel 1622, l’Ares rappresenta molte cose: in primo luogo si può comprendere come, secoli fa, al rinvenimento di una statua si usava porre dei restauri spesso e volentieri fantasiosi. Dopotutto non sempre, e soprattutto in passato, si aveva l’assoluta certezza del personaggio o della divinità rappresentata da una statua, tanto per fare un esempio. In assenza di attributi iconografici ben precisi, o in assenza di un qualche tipo di documentazione o prova archeologica, non sempre si può stabilire con precisione chi sia cosa! Ed in questo caso, infatti, per legittimare l’idea che questo giovane potesse davvero rappresentare Ares (per altri infatti staremmo di fronte ad Achille), si aggiunsero attributi come il piccolo Cupido (figlio di Ares e Venere) che gioca tra le sue gambe, aggiunto dal Bernini. Un modo per capire come anche i più grandi maestri erano chiamati a svolgere compiti apparentemente minori, come quello di restaurare opere d’arte antiche.
Dopotutto, però, anche questo fa parte dello studio e della formazione che gli scultori, parlando di statuaria, dovevano avere. Per poter davvero definirsi maestri, nel Seicento, si doveva entrare in contatto con quello che rappresenta il modello per eccellenza: un originale greco-romano. Ciò che rimane, sicuramente, è lo sguardo sicuro della figura, i suoi muscoli ben scolpiti, la capigliatura folta e riccioluta, così come gli oggetti che gli stanno attorno, che ci indicano come stiamo di fronte ad un guerriero. Forse non è un caso che Winckelmann, colui che è riconosciuto come il padre della storia dell’arte moderna, due secoli fa si spinse a dichiarare che questa statua "E’ il più bel Marte dell’antichità". Direi che possiamo essere d'accordo con queste parole, vero?